EXPERIENCIA DIÓCESIS DE MILÁN (Card. Martini)
Come
vescovo ho fatto tre grandi esperienze di comunicazione
della Parola.
1) La Scuola della Parola per giovani, che ho cominciato a tenere in Duomo fin dai primi mesi di episcopato, vedendo con sorpresa come i giovani riempivano sempre più il Duomo fino ad essere fino a quattro, cinque , seimila ad ascoltare e non era né una catechesi, né un’esegesi, ma un tentativo di mettere di fronte al testo biblico, perché personalmente vi reagissero con una riflessione e una preghiera. Questo è continuato e siccome il Duomo non bastava più abbiamo moltiplicato le chiese, si tiene in circa 50-60 chiese della diocesi ogni mese. Ora li conducono altri preti o laici, io non li seguo più, ma mi pare che continua ancora anche se sono tutte cose che andrebbero ripensate. Io ho sempre avuto il principio che quando una cosa va bene, bisogna troncarla, incominciarne un’altra, perché quando va bene vuol dire che comincia l’abitudine.
2) Gli esercizi spirituali biblici sono l’altra grande esperienza che mi hanno dato molto. Cioè ho dato in tantissime parti del mondo, non solo in diocesi, esercizi spirituali dove ogni volta prendevo come tema, pur mantenendo la struttura di sant’Ignazio che mi è molto congeniale, un libro o un personaggio della Bibbia: Davide, Abramo, Mosé, il Vangelo di Marco, Paolo, Pietro. Cercando per una settimana di penetrare insieme agli ascoltatori questo testo. E ho sempre voluto cambiare libro, proprio per non ripetermi, perché è odiosissimo il ripetermi per me almeno, e l’idea era di essere stimolato ogni volta, anche se non avevo tempo, a studiare molto, a mettermi di fronte a un nuovo libro biblico e a cercare di penetrarlo non tanto in una lectio esegetica continua, ma cercando il dinamismo interno di conversione che il libro suscita. E anche questo è un tipo di ricerca interessante. Questa è una seconda esperienza che ho fatto in tante parti del mondo perché ho cercato di dare almeno un corso nel mese di luglio, quando a Milano per il troppo caldo non c’è più nessuno, quindi sono andato in Ciad, in Zaire, in Giappone, in Taiwan, in Messico, in Venezuela, negli Stati Uniti, ogni volta dando un corso di esercizi, con un tema diverso. In questo mi ha aiutato molto il vedere che pur parlando a culture diversissime da Taiwan a Tokyo, a Guadalajara, a Caracas, in California, tuttavia la Scrittura parla ovunque, cioè io non mi sono mai sforzato di fare chissà quale salto culturale. Mi sono detto: “Prendo la Scrittura”, ma la Scrittura è così umana, così profonda, tocca così profondamente le corde intime del cuore che viene ascoltata ovunque. Questa è stata un’esperienza molto bella, arricchente e io stesso come dice san Gregorio Magno, ho imparato molto spiegando così la Scrittura. Perché allora diventava nuova anche per me.
3) Una terza ed ultima esperienza che vi racconto e poi lascio a voi lo spazio per le domande per conoscere voi, è stata la cosiddetta Cattedra dei non credenti, che non è di per sé un’iniziativa biblica, ma che nasce dalla Scrittura. “Dice l’empio non c’è Dio”, dunque ascoltiamo l’empio. Cioè chiamiamo in cattedra non credenti a spiegarci perché non credono. Poi non facciamo con loro un dibattito o una conferenza apologetica, cerchiamo di ascoltarci. Con la percezione che c’è in ciascuno di noi, almeno in me, una duplice personalità: un credente e un non credente che continuamente fa obiezioni, pone domande, problemi. Allora diamo voce pubblica e chiamiamo non quelli che vanno già in Chiesa, quindi è proibito l’ingresso, diciamo, alle suore. L’ingresso era permesso solo per persone in ricerca: non credenti. Ho avuto una sorpresa che quando facciamo questi incontri c’è una fila per entrare già un’ora e mezza prima, per prendere il posto, benché tutti sono fatti per inviti personali, quindi distribuiamo 2000 inviti per circa 1800 posti si riempiono tutti. Adesso concluderò con l’ultimo incontro il 28 maggio, sempre in un ambiente laico, in un’università statale, senza preghiere, perché molti non sono credenti, né praticanti. Il tema, questa volta, sarà “Domande sulla Giustizia”, e io vorrei trattare il tema “Quali domande sulla giustizia mettono in crisi la mia fede”. Quindi affronto un problema grave per cercare insieme di inquietare le coscienze e di suscitare le risposte, senza darle io possibilmente, ma inquietando la gente. Ho visto che questo modo di parlare attira molti non credenti, perché non si sentono quasi accalappiati, ma si sentono stimolati e quasi ascoltati.
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